Se innalzare muri era recentemente tornato di moda, Belfast, invece, è a tutt’oggi l’unica città in Europa a essere sempre stata divisa.
Springfield Road. Springmartin Road. Madrid Street. Falls Road. Shankill Road. Ardoyne Road. Cupar Way. Crumlin Road. E la lista potrebbe allungarsi vertiginosamente. Sì, perchè sono quasi un centinaio, i muri divisori che svettano nei quartieri periferici di Belfast, separando i cattolici dai protestanti. Fortunatamente, però, da un anno a questa parte, alcuni di questi sono stati abbattuti a suon di ruspe e martelli. Ma si dovrà aspettare fino al 2023, per vedere del tutto smantellato questo imponente sistema di reticolati che, da più di 40 anni, divide la comunità irlandese da quella filo-britannica. Ciò nonostante, ad oggi, il numero dei rimanenti resta ancora piuttosto considerevole.
Pace, sì, ma a che prezzo?
Le diverse serie di muri che tengono ben lontani i due credo religiosi si chiamano Peace Lines, linee di pace. Ad alcuni, questo nome potrebbe ricordare l’antica Pax romana o la più recente Pax americana, ovvero quella pace raggiunta non come naturale conseguenza di un vivere etico ma come frutto di una indiscutibile superiorità militare sempre vigile e, all’occorrenza, pronta ad esprimersi. I muri ribadiscono le differenze e le allevano, senza dare alternative.
Le Peace Lines possono arrivare a 4 km di lunghezza e raggiungere anche gli 8 metri di altezza. Sono costituite da cemento armato, metallo e filo spinato. In alcuni punti, inoltre, possono essere interrotte da cancelli sorvegliati dalla polizia e chiusi durante le ore notturne. Durante il giorno, vi si può tranquillamente passare attraverso, ma quando cala il buio, scatta il coprifuoco e tutti ritornano ai rispettivi quartieri di appartenenza, onde evitare di ritrovarsi spiacevolmente intrappolati nella parte sbagliata.
Le prime porzioni di muro furono costruite nel 1969, in seguito allo scoppio dei conflitti nordirlandesi, i cosiddetti Troubles. Tutto ebbe inizio nel quartiere di Short Strand, a est di Belfast, dove gli abitanti cattolici, per difendersi dagli attacchi dei lealisti protestanti, innalzarono le prime barriere di protezione, poi in seguito rinforzate. Il risultato è, ancora oggi, sotto gli occhi di tutti. E nonostante sia stato più volte ribadito il desiderio di volersi lasciare il proprio passato alle spalle, si è continuato a costruire muri. L’ultimo, qualche anno fa. Abbatterli, evidentemente, fa molta più paura.
Cosa succede al di là del muro?
Al di là del muro e al di qua, le vite scorrono nel loro consueto ritmo quotidiano. Ma sono vite tra loro incomunicanti, mute, ostili. È sufficiente voltare l’angolo, per ritrovarsi la strada sbarrata da un grigio cancello di metallo con la scritta road closed, strada chiuso. Circostanza facilmente deducibile anche senza l’utilizzo del cartello: il pesante lucchetto che chiude le porte di ingresso e i rotoli di filo spinato che ne orlano la cima sono più che sufficienti per capire che ci si sta avvicinando a una zona di alta tensione. Guardando attraverso l’apertura sopra la serratura, si riesce a scorgere un altro cancello, distante circa una ventina di metri. In mezzo, una terra di nessuno. Terra avvelenata da secoli e intossicata da irrisolvibili rancori.
Le incomprensioni che qui continuano a regnare e l’odio che le fomenta sono decantati nei tanti murales che colorano le superfici di quasi tutte le Peace Lines, graffiti che raccontano di antiche battaglie, ingiustizie subite e richieste inascoltate. L’astio è scritto nella storia e dipinto ovunque come un credo. I murales dei settori cattolici ricordano Bobby Sands e gli altri prigionieri politici nazionalisti morti in carcere facendo lo sciopero della fame. Quelli lealisti, invece, celebrano la vittoria del protestante Guglielmo d’Orange contro il cattolico Giacomo II, nella battaglia di Boyne del 1690. Ogni anno, si svolge la parata commemorativa lungo le vie del centro storico di Belfast e l’incidente diplomatico di turno è ormai quasi diventato un rito.
Il vero problema delle Peace Lines, però, non sta nella semplice divisione delle due comunità. Quando si vedono i bambini protestanti giocare lungo un lato del muro e quelli cattolici dall’altro, si comprende facilmente con quale spirito entrambe le parti crescano. Divisi sin dalla nascita. Il muro non è solo una realtà fisica. È soprattutto una barriera mentale.
Una storia senza fine
Nel 2012, durante una delle tradizionali parate protestanti cittadine, il sindaco di Belfast aveva espressamente vietato al corteo di transitare davanti alla chiesa cattolica di San Patrizio. Peccato che il consiglio sia passato del tutto inosservato. Anzi. I lealisti non solo hanno marciato di fronte all’edificio ma si sono anche fermati sul sagrato per fare un bel girotondo. Inutile dire che la reazione da parte opposta sono stati sanpietrini, vetri e botte da orbi. Il giorno dopo, la Polizia, sempre e rigorosamente dentro i blindati, ha compiuto un paio di retate nel quartire filo-inglese.
Pochi giorni prima, invece, un uomo era stato investito lungo una delle strade principali che conducono nel centro di Belfast. Si trattava di un ex carcerato di fede protestante che, negli anni ’80, aveva ucciso a sangue freddo due suoi amici cattolici che erano andati a casa sua per fargli una visita di cortesia. Gentilezza non ricambiata. Una volta scontata la pena, il colpevole era stato rimesso in libertà e aveva incominciato a lavorare all’interno di una fabbrica cittadina, con tanto di proteste da parte dei lavoratori e della stessa comunità cattolica. Poco tempo dopo, l’incidente automobilistico. O, come alcuni sostengono, una prevedibile resa dei conti.