Casanova: un nome, una seduzione. Avventure, amori e fughe rocambolesche non gli risparmiarono un’amara dipartita. Ma il veneziano fu molto altro.
Tutti noi siamo abituati ad associare il nome di Casanova alle rocambolesche avventure di cui il celebre veneziano si rese protagonista lungo tutto l’arco della sua vita. Cuori conquistati e infranti; anime rapite e straziate; e poi guai con la legge e intrighi di palazzo, il tutto condito con sospetti di appartenenza a sette massoniche. Su Giacomo Casanova si è detto di tutto e il contrario di tutto, complice la serie di volumi da lui scritti e intitolati Storia della mia vita, una narrazione fedele e infiorettata non solo delle sue vicende personali e dei suoi anni trascorsi a cavalcare le corti d’Europa, ma di un’epoca di grande fascino e di profondi cambiamenti.
Il suo lascito letterario è uno spaccato del XVIII secolo che ne restituisce tutto il prezioso valore storico, tra lumi, fermenti rivoluzionari e grandi ideali. Nobiltà, borghesia, re, regine e popolame. Tra le sue righe, i personaggi che prendono forma provengono da qualsiasi estrazione sociale e sono rappresentati in modo nitidissimo. Un’opera per comprendere dal di dentro la loro vita di ogni giorno. Una vita di cui lui è stato non solo partecipe ma uno dei principali protagonisti.
Se tanto si è mormorato attorno di Casanova è perchè tanto lui ha scritto. Grazie ai suoi libri, infatti, si è potuto comprendere molto dell’autore ed è un vero peccato che i posteri lo ricordino più per le sue fugaci storie d’amore che per il suo pensiero. Tra corti e salotti, Casanova ebbe il piacere e la fortuna di conoscere molti dei grandi personaggi del suo tempo, documentandone gli incontri: Rousseau, Voltaire, Mozart, Caterina II di Russia, Federico II di Prussia e, adirittura, l’americano Benjamin Franklin.
Eppure c’è un luogo, in Europa, in cui Giacomo Casanova viene, a tutt’oggi, ricordato per ciò che veramente era: letterato, filosofo, diplomatico, poeta e grande avventuriero. E qui, lo chiamano ancora con quello stesso epiteto che lui stesso si è dato e del quale, con tanta pompa, amava forgiarsi: Cavaliere di Seingalt. Quel luogo è una cittadina della Boemia settentrionale e si chiama Dux, ai quei tempi Duchcov.
Boemia, l’ultima e triste dimora di Casanova
Quando Casanova lasciò Venezia, nel gennaio 1783, forse sapeva che non vi avrebbe mai più fatto ritorno. Si era inimicato l’aristocrazia e, perciò, fu costretto all’ennesimo esilio. Prima si diresse verso Vienna, dove lavorò come segretario presso l’ambasciatore veneziano Sebastiano Foscarini. Poi, accettò un posto di bibliotecario nel castello del conte di Waldstein a Dux, in Boemia. Qui, trascorse gli ultimi tristi anni della sua vita, deriso dalla servitù che non lo capiva e ignorato dalla gente del posto che, a quei tempi, lo considerava un relitto di un’epoca ormai tramontata.
Da Dux, Casanova assistette alla Rivoluzione francese e alla caduta della Repubblica di Venezia, avvenuta il 17 ottobre 1797, con il Trattato di Campoformio. Il suo mondo si stava sgretolando e a lui non restava che lanciargli un ultimo sguardo, impotente e muto. A salvarlo da quel tempo che pareva non trascorrere mai, fu la stesura della sua opera autobiografica Storia della mia vita. Nello scriverla, Casanova riviveva la sua esistenza. Morì il 4 giugno del 1798.
Ciò che resta nel castello e il mistero della tomba scomparsa
Casanova descriveva la città di Dux come un luogo dall’atmosfera dimessa e fredda. Poco è cambiato, in realtà, da due secoli a questa parte. Da un lato, restano alcuni bei palazzi sette-ottocenteschi, di cui pochi sono stati restaurati, mentre gli altri, invece, giacciono prostrati all’inclemenza del tempo, abbandonati, sgretolati e circondati da schegge e calcinacci. Dall’altro lato, si può ancora cogliere il riverbero del dominio comunista, con le sue linee di dubbia estetica e qualche falce e martello che, ogni tanto, spunta da sotto i cornicioni.
Il castello dove visse e morì Giacomo Casanova è un elegante palazzo che domina la piazza principale. E al suo interno, è silenzio. Lo si può visitare solo partecipando a una visita guidata e le persone che ne prendono parte sono così poche che gli unici suoni che si fanno strada sono i quelli dei loro passi, lenti e curiosi. Nelle stanze si respira un’atmosfera di raffinata decadenza, tra corridoi, mobilia d’epoca e l’unico pezzo originale del periodo di Casanova che è stato miracolosamente recuperato: la poltrona dove egli, ormai malato, soleva trascorrere le sue lunghe ore. La stessa sulla quale spirò.
Inizialmente, si mormorava che Casanova fosse stato sepolto nel giardino del castello ma, in realtà, fu seppellito nel cimitero adiacente alla chiesa di Santa Barbara. Quando un secolo dopo il cimitero venne chiuso, però, scomparvero le tracce della sua tomba e sparì anche la sua lapide. Ammesso che ve ne fosse mai stata una. Negli anni Trenta del secolo scorso, infine, questo stesso cimitero venne distrutto. Oggi, è un giardino dove si passeggia e si porta a spasso il cane. Le ossa del romantico e spavaldo veneziano riposano ancora lì. Ma dove, esattamente, nessuno lo sa.