I caretos di Podence sono un ancestrale rito carnevalesco dalle tinte diaboliche, tra danze, campanacci e goliardici innamoramenti
Scriveva Oscar Wilde: “L’uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la verità“. Aveva ragione. A dimostrarlo, i caretos di Podence, piccolo borgo disperso in quel di Trás-os-Montes, una delle regioni più isolate, remote e genuinamente incontaminate del Portogallo settentrionale, tra altipiani sospesi nel cielo e maestose montagne verdi all’orizzonte. Un luogo dove le tradizioni resistono allo scorrere del tempo, lontano dalla frenesia di un mondo che, altrove, pare aver perduto la strada maestra. Podence è uno di quei villaggi che ha saputo tener fede al proprio passato. Qui, ogni anno, si celebra un antico rituale che risale addirittura all’epoca romana quando, secondo le leggende tramandate, uomini e demoni correvano mano nella mano, causando scompiglio e caos tra la gente. Ad oggi, questa bizzarra pantomima si traduce in un carnevale dal sapore goliardico, in cui agli uomini è permesso di liberare il loro istinto primario: la ricerca della donna.
Ed è proprio durante questa variopinta manifestazione, che i ragazzi e gli uomini del paese di Podence si abbigliano con vestiti tutto frange e colori accesi (realizzati utilizzando coperte e scampoli di stoffe) e con maschere di latta, legno o cuoio, dal naso appuntito, senza espressione né sentimento. Dopo di che, muniti di campanacci appesi alla propria cintura, se ne vanno saltando qua e là per le vie del borgo, gridando e disturbando la ciclica tranquillità quotidiana. Uno solo è lo scopo del careto: incontrare ragazze per danzare vorticosamente con loro e – permetteteci l’ardire – “strapazzarle”. Da qui, la fittizia e scherzosa celebrazione di matrimoni, momento di puro divertimento, senza possibilità di reclami da parte delle prescelte. La mattina del giorno successivo, invece, tradizione vuole che il careto vada a trovare la donna che gli è toccata in sorte, ricevendo dolciumi e vino, in segno di gradimento.
A pele do diabo
Il careto è un vero e proprio diavolo a piede libero. Esso rappresenta il Male incarnato, in chiara opposizione a quel Bene che le persone comuni si sforzano di raggiungere durante il corso dell’anno. Il Carnevale è da sempre considerato una stagione eccezionale, dove alcuni comportamenti normalmente considerati inaccettabili sono, invece, permessi. Pratiche che sono strettamente vietate all’interno di una società religiosa: eccessi, euforia, allegria, azzardo. Dopo i duri mesi invernali, di freddo e campi incolti, gli uomini sentono il bisogno di stimolare la fertilità del terreno – dal quale deriva la loro sopravvivenza – e la fertilità delle donne.
E così i maschi si avvicinano alle femmine, le afferrano e le scuotono, facendole oscillare avanti e indietro, con chiara allusione sessuale, alla ricerca di quel contatto fisico che normalmente viene considerato un oltraggio, una vera e propria deviazione morale. Ecco lo scopo del cateto. Nulla di più. Ed è già abbastanza. Perché le donne ridono, urlano, si dimenano, protestano, accettano e subiscono, un po’ per il vero, un po’ con enfasi squisitamente teatrale. Dove finisce la realtà e inizia la finzione? Impossibile coglierlo. Perché quando il careto è di tutto punto vestito, incute veramente paura. Diventa sinonimo di pericolo, distruzione. Il suo abito sembra possedere poteri quasi soprannaturali. Dà forza. E le persone ci credono. Finiscono davvero per crederci. E che sia tutto vero oppure no…che importa?
Per saperne di più: Casa do Careto.