Il tempio di Thatbyinnyu, fra i più sacri del buddismo, con la sua sagoma imponente ma attenuata dalla vegetazione che la circonda, trasmette una sensazione di sicurezza e una forte atmosfera di spiritualità. Con i suoi 61 metri di altezza è il più alto fra i templi che punteggiano il Bagan, il paesaggio sacro della pianura centrale birmana, laddove il fiume Ayeyarwadi completa la sua grande ansa. Secoli addietro questo era il cuore di una grande civiltà, che aveva costruito un grande impero regionale, e in quest’area, disseminata di templi, vivevano circa 2000 monaci. Il tempio di Thatbyinnyu (parola che significa “tempio dell’onniscienza“), ha la caratteristica di essere a due piani. Non è ancora del tutto chiaro, ma gli studiosi ritengono che le stanze del livello superiore, accessibili attraverso strette scale interne, costituissero vere e proprie residenze per i monaci, rappresentando così un momento di rottura rispetto alla tradizione Buddista più radicale, che stabilisce che i monaci risiedano in edifici esterni alle parti consacrate e costruiti in legno. La statua principale del Buddha è al secondo piano. Il tempio di Thatbyinnyu ha una forma a croce irregolare e asimmetrica e sembra quasi ammantato di un incantesimo capace di ridurre al completo silenzio tutto il mondo circostante. Dentro le sue mura i movimenti sembrano diventare più felpati, e i rumori dell’esterno sono impercettibili. Qualcuno dice che sia merito dell’armonia celeste, perfettamente riprodotta nel paesaggio del Bagan e rappresentata da sette elementi: templi, stupa, monasteri, luoghi sacri, siti archeologici, affreschi e sculture. Un proverbio birmano dice che “Il luogo giusto per te è quello dove non hai bisogno di sapere che ora è”. Ebbene: di fronte al tempio di Thatbyinnyu, si può restare seduti per ore, perdendo la cognizione del tempo, e comprendendo come ognuno di noi sia come una foglia al vento di fronte al respiro del mondo. Almeno, a me è capitato.