Siamo nella Polonia nord-orientale, in una foresta umida, tetra e monotona: la Tana del Lupo. Qui, Hitler si rifugiava per pianificare, rilassarsi e fare lunghi monologhi.
L’atmosfera è degna di uno scenario post-nucleare. La Tana del Lupo – Wolfsschanze in tedesco – è stata uno dei quartieri generali di Hitler, nei pressi dell’attuale cittadina di Kętrzyn, in Polonia, all’epoca Prussia orientale. Avvolta dalla foresta di Gierłoż e circondata dai laghi Masuri, si rivelò uno spazio strategico difficilmente accessibile dal nemico. Qui si consumò uno dei più ingegnosi attentati (falliti) al Führer e qui si decise parte del destino d’Europa. Al termine delle ostilità, si cercò, di farle saltare in aria con imponenti cariche di esplosivo. Ma la Tana del Lupo è ancora lì.
La Wolfschanze è un sistema di circa 80 bunker, molti dei quali ancora visibili. Un tempo, erano messi in comunicazione da gallerie, protetti da campi minati, filo spinato e postazioni di artiglieria contraerea, nonché mimetizzate da una fitta vegetazione. C’erano dispense, un cinema, diverse sale riunioni, addirittura bagni con saune e ovviamente depositi di armi. Ma soprattutto il bunker del Führer e la residenza di Hermann Göring. Presso questa foresta, Hitler seguiva una routine quasi maniacale. Incominciava la giornata attorno alle 9, parlando con il proprio cane. Alle 10.30, controllava la posta. Verso mezzogiorno, partecipava alla riunione militare. Alle 14, pranzava, sedendosi sempre nello stesso posto. Alle 17, gli veniva servito il caffè e, alle 18, si riuniva nuovamente con gli altri. La cena iniziava alle 19.30, dopodiché, si spostava nel cinema. Infine, si ritirava nei propri appartamenti, dove si esibiva in lunghi monologhi ai quali assisteva tutto il suo seguito, segretarie incluse. E se era in vena, si dilettava nell’ascolto di musiche di Beethoven e Wagner.
Cosa resta oggi?
Ciò che più impressiona di questo luogo è la condizione in cui versano attualmente i bunker, quei ciclopici monoliti di cemento armato che, per la loro costituzione, si crederebbero saldi, inamovibili, eterni e ancora in piedi ma che in piedi non stanno più. La vegetazione, lentamente e silenziosamente, li ha divorati, corrosi, persino spaccati. Alcuni, sotto il peso di questa natura incontenibile, si sono drammaticamente inclinati, sono crollati su se stessi come fragili castelli di carta. Cercare di addentrarsi al loro interno può a volte essere rischioso – oltre che dannatamente cupo: manca l’aria, il buio è denso, i suoni fuggono e fugge anche il silenzio. Ci si ritrova imprigionati in un horror vacui da cui andarsene può sembrare più complicato del previsto. Come se il passato, lì dentro, avesse i tentacoli. Un consiglio? Entrate nella Tana del Lupo appena apre, la mattina presto. Passeggiare da soli in questa foresta, senza visitatori né turisti, vi offrirà un’esperienza che non dimenticherete tanto facilmente. È l’unico vero modo per cercare di recuperare – almeno mentalmente – l’atmosfera che regnava nel periodo in cui la Wolfschanze era in attività. Vi verranno i brividi.