L’altro Libano

Libano alternativo: un minuscolo angolo di Medio Oriente dove la potenza della natura trionfa e il tesoro della storia regna indisturbato

Se da questo fazzoletto di terra martoriato dalla storia, si escludono le mete più battute dal turismo (ma “battute” è un modo di dire per un Paese che riceve ben pochi visitatori) e le instabili aree di confine, del Libano non ne resta che una porzione di territorio poco più grande del Molise. Eppure, in questo minuscolo angolo di Medio Oriente, si dirama una fitta filigrana di strade secondarie dove la potenza della natura trionfa solitaria e il tesoro della storia regna indisturbato.

Luoghi ammantati di antichi silenzi, spesso spettatori di destini incompiuti e di racconti ancora senza fine. Luoghi da attraversare a bordo di un’auto, con la curiosità in poppa e una forte propensione a vagare senza una guida sotto mano né approdi nella testa. Con una mappa, forse, ma di quelle cartacee. “Non tutti quelli che vagano sono persi”, scriveva Tolkien. Vero. Ma nel caso del Libano, a una condizione: non lasciarsi scoraggiare dalle sue strade perennemente sconnesse, dalla segnaletica spesso inesistente e da una quantità incalcolabile di check point militari in cui fanno bella mostra di sé mitra presumibilmente carichi, cavalli di frisia sparsi come dadi su un backgammon e blocchi di cemento ingombranti alla vista più di un boccone andato per traverso. Dettagli. Si deve andare oltre. E seguire i sensi.

Olfatto

La Foresta dei Cedri di Dio (Google Maps). Un nome, una promessa. Soltanto a respirarla ci si sente redenti. Il suo profumo lo si avverte a distanza, molto prima che essa appaia, emergendo folta e scura dai silenzi brulli delle montagne, come un miraggio o un lontano ricordo. Situata nella Valle di Qadisha e Patrimonio Unesco dal 1998, questa foresta vanta fusti alti 35 metri e larghi 14, in alcuni dei quali ci si può addirittura rifugiare. La si può percorrere a piedi, lungo un sentiero ad anello, tutto vento, cinguettii e freschi chiaroscuri. Ma della sterminata distesa di alberi che nei tempi antichi ricopriva tutto il suolo libanese, non ne resta che questo piccolo quadrato boscoso.

I fenici utilizzarono i tronchi dei cedri per costruire le loro navi; gli egizi ne traevano la resina per mummificare le salme dei morti; e con questo stesso legno, il re Salomone fece edificare parte del Tempio di Gerusalemme. Solo l’imperatore Adriano ebbe la lungimiranza di fermare temporaneamente la deforestazione. Invano, purtroppo.

Udito

Il rombo della Cascata delle gole del Baatara (Google Maps) è un enigma. Le sue acque precipitano all’interno di questa immensa grotta carsica del Giurassico per quasi 100 metri, sprofondando nel sottosuolo per altri 260. Un’atmosfera adamitica rimasta intatta dalla notte dei tempi, con le sue rocce calcaree taglienti come lame e un morbido muschio a ricoprire ogni cosa.

Eppure il suono travolgente che questa cascata produce lo si avverte solo se ci si trova al suo cospetto, dopo aver camminato a lungo su sentieri sassosi, disceso incerti scalini di pietra e sfidato la sorte spingendosi fin sull’orlo scivoloso della caverna.

Tatto

Per raggiungere l’impervio Tempio del Sole (Google Maps), antica tomba incompiuta scolpita nella montagna alle spalle del borgo di Qob Elias, a picco sulla Valle di Beqā, bisogna usare mani e piedi, far leva sui massi che qua e là affiorano e affondare letteralmente le dita nella terra, scongiurando una presa che non sempre può rivelarsi salda.

Il tempio, con tanto di colonne e architravi incisi come bassorilievi, comprende tre piccoli vestiboli rivolti a est per accogliere la prima luce del mattino. È praticamente sconosciuto ai turisti. C’è chi sostiene risalga agli inizi dell’età Romana. E chi addirittura dell’impero persiano degli Achemenidi, tra il IV e il VI secolo a.C..

Vista

Anche un cieco sarebbe in grado di scorgere in lontananza il Castello di Beaufort (Google Maps), fortezza abbarbicata sui monti a sud del Libano la cui storia, prima della sua conquista crociata del 1139, naufraga misteriosamente nelle tenebre dell’ignoto. A guardarlo da vicino, sembra un blocco di pietra piovuto dal cielo. A visitarlo, viene il dubbio che sia stato costruito con il solo intento di smarrire gli incauti visitatori. È un illogico labirinto di stanze, passaggi, falsi piani, cunicoli, scale, ponticelli e spazi inattesi.

Conquistato dal Saladino, rivendicato dai Templari ed espugnato dai Mamelucchi, il Castello di Beaufort passò poi nelle mani del principe libanese Fakhr al-Din, per essere infine parzialmente distrutto dagli Ottomani e dal terremoto del 1863. Venne utilizzato come ricovero per le pecore fino al secolo scorso. Poi alle pecore, è subentrata l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina che proprio qui installò la sua base per lanciare razzi agli israeliani- e da questi riceverli. I risultati sono ad oggi chiaramente visibili.

Gusto

Non si può lasciare il Libano senza essersi tuffati nel coacervo di sapori della sua rinomata cucina. E quale luogo migliore per sperimentarli se non il souk di Tripoli (Google Maps), nel profondo nord del Paese? A percorrere le sue strette vie sommerse di banchi, carretti, fili elettrici e voci c’è da perdere il senno. Tra violenti tagli di luci e ombre, antichi hammamm ricamati di maioliche e raffinati caffè dal sapore coloniale, pullulano millantatori di prodigiose prelibatezze e venditori dell’ultimo assaggio, pronti a contrattare a suon di offerte, miracoli e strabilianti promesse.

Imperdibile il manāqīsh, pasta di pane preparata sul momento e infornata per qualche minuto. Può essere farcita con carne macinata d’agnello e paprica; con l’anbaris, formaggio cremoso di capra; il kishk, preparazione essiccata di yogurt fermentato e grano saraceno; o con il tipico za’atar, salsa a base di timo finemente tritato e olio d’oliva.

Ma ecco giungere un magico tintinnio. Sta arrivando l’”uomo del caffè”. Percorre il mercato in lungo e in largo, tenendo in una mano la dallah – tradizionale caffettiera – e, nell’altra, due tazzine di porcellana che fa schioccare a ogni passo, a mo’ di richiamo. Come un pifferaio al soldo del Re, col suo seguito di personaggi fiabeschi, creature incantate e curiosi di ogni sorta. Si ferma, versa, incassa e se ne va.

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