La Route 138 taglia il Québec con i suoi 1389 km, per poi interrompersi di netto nel silenzio della baia di San Lorenzo, a Kegaska. Perché?
Kegaska: ultima frontiera. Potrebbe essere il titolo di un film. Invece altro non è che un minuscolo paese sospeso lungo l’estuario del San Lorenzo, in Québec, nel Canada orientale. Nel 2011, contava 138 abitanti. Kegaska è il punto più orientale della regione Côte-Nord raggiungibile attraverso la Route 138, strada che inizia a sud della città di Montreal e costeggia il fiume per tutti i suoi 1389 km di estensione. L’alternativa? Via mare da Terranova o attraverso la Trans-Labrador Highway, un delirio di taiga e foreste lungo 1247 km di strada dissestata di cui il governo ha però promesso la riasfaltatura nel giro dei prossimi 10 anni.
Kegaska è rimasta isolata fino al 26 settembre 2013, giorno dell’inaugurazione del ponte sul fiume Natashquan, passaggio che ha finalmente permesso di collegare la piccola comunità al resto della Route 138. L’asfalto termina nei pressi del ponte stesso e i successivi 45 km sono un battuto di terra percorribile a una velocità massima di 90 km/h. La sensazione, volante alla mano, è di stare attraversando il luogo più remoto della terra, una landa fredda, spoglia e disabitata dove il silenzio regna indisturbato e l’assenza è la presenza più forte che si riesce a percepire. Caribù che attraversano la carreggiata permettendo.
E dopo Kegaska?
Più oltre non si va. Qui, la Route 138 finisce. Ed è un taglio netto che non lascia vie di fuga. I 450 km che separano Kegaska e il villaggio successivo di Vieux-Fort sono accessibili soltanto con un traghetto costiero settimanale. “Fin”, si legge sul cartello collocato nel punto dove la strada si spegne. E se non si frena in tempo, il rischio è di precipitare rovinosamente nelle acque gelide del Golfo di San Lorenzo.
Eppure, nel 1831, Kegaska era una fiorente postazione commerciale della Hudson’s Bay Company, tempi gloriosi che si chiusero nel 1871, quando gli abitanti del luogo si trasferirono altrove e un gruppo di pescatori di Terranova, quasi tutti di origine irlandese, presero il loro posto. A questi, si aggiunsero, alla fine del XIX secolo, i coloni britannici provenienti dall’isola Anticosti. Da allora, a Kegaska, si parla solo inglese. Ed è un fatto piuttosto raro qui, in Québec, dal momento in cui la maggior parte della popolazione discende dai contadini del Poitou, storica regione della Francia, e parla ovviamente francese.
Un’atmosfera immobile
Approdare a Kegaska col sole può rivelarsi un’evenienza tutt’altro che frequente. La pioggia fitta o tenue, il grigiore delle nuvole che sfiorano le pallide acque della baia, il lamento dei gabbiani e lo sciabordio ritmato delle piccole imbarcazioni sono tutto ciò che questo luogo ai confini del mondo può regalare a chi riesce a raggiungerlo. Dirimpetto al villaggio, sull’Isola Nera, sonnecchia un vecchio faro usato per la navigazione, dettaglio che contribuisce a rendere questo avamposto ancora più surreale e misterioso. E le persone, per lo più pescatori, sono così rare a incontrarsi che quando accade si ha quasi la sensazione di ritrovarsi davanti a un fantasma.
Gli abitanti, infatti, scompaiono prima ancora di apparire. Fugaci, diffidenti e di poche parole, se gli si rivolge la parola in francese, storcono il naso e rispondono in inglese. O in un francese così storpiato da risultare praticamente incomprensibile. Si mormora, infatti, che la popolazione locale non abbia affatto esultato per il suo essere stata collegata al resto del mondo. E del Québec. Quasi certamente, stava meglio prima, isolata e autonoma.
Eppue Kegaska ha un suo fascino. Un fascino che deriva proprio dal suo essere appollaiata a ridosso di un limite. Appesa ai muri esterni della chiesetta, c’è un’ancora che ammicca al vento mentre al largo, sugli scogli, si staglia il relitto di una nave mercantile naufragata. E poi i pescherecci che si dondolano accanto al molo, qualche voce che si solleva in lontanza e la marea che, con il suo maestoso gonfiarsi, mette tutto a tacere.